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L’aria inquinata è nemica del cuore PDF Stampa E-mail

Vivere in città inquinate aumenta il rischio di infarto e angina. Nuove conferme da uno studio coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia del Lazio e pubblicato sul British Medical Journal

Volete proteggere la salute del vostro cuore? Uno stile di vita sano è importante, ma se abitate in una città inquinata (come quasi il 90% della popolazione mondiale) non basta.

L’esposizione cronica all’inquinamento dell’aria prodotto dagli scarichi di veicoli, dalle industrie, e dagli impianti di riscaldamento è infatti fortemente collegata all’insorgenza di infarto e angina. Un collegamento presente anche al di sotto degli attuali limiti permessi dalle leggi in vigore in Italia e nell’Unione Europea.

Queste le conclusioni di un articolo appena pubblicato dal British Medical Journal sugli effetti dannosi dell’inquinamento.

"Si tratta di risultati importanti che suggeriscono un effetto specifico dell'inquinamento atmosferico sull'apparato cardiovascolare. Le esposizioni ambientali non erano una preoccupazione per la cardiologia fino a poco tempo fa” ci ha detto Francesco Forastiere, tra gli autori dello studio, “ma oggi si scopre che l'infarto può avere una origine ambientale. L'inquinamento deve essere considerato dal mondo medico insieme ai fattori di rischio tradizionali, come il fumo o la scarsa attività fisica."

Il nuovo studio, coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia del Lazio, ha esaminato più di 100.000 persone residenti in 7 città di 5 paesi europei. In Italia, lo studio è stato condotto a Roma e a Torino (dove è stato coordinato dall’Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza-Università di Torino) coinvolgendo circa 14.000 persone. Hanno collaborato allo studio numerosi enti tra cui le Agenzie ambientali dell’Emilia-Romagna, del Lazio e del Piemonte. Lo studio stima che per ogni aumento nella media annuale di esposizione a particolato (le particelle di diametro inferiore a 10 micrometri, PM10) di 10 µg/m3 vi è un aumento del rischio di attacchi cardiaci del 12%. I soggetti in studio sono stati seguiti per circa 12 anni e più di 5000 hanno avuto un primo infarto o un ricovero per angina instabile.

L’associazione tra esposizione prolungata a particolato e incidenza di infarto e angina è stata confermata anche una volta che i dati raccolti sono stati – per così dire – “depurati” dalle possibili influenze dovute a fattori come l’abitudine al fumo, lo stato socio-economico, l’attività fisica, il livello di istruzione e l’indice di massa corporea.

Come sintetizza Giulia Cesaroni (altra autrice della ricerca), “il nostro studio suggerisce un’associazione tra esposizione cronica al particolato e l’incidenza di eventi coronarici acuti, perfino a concentrazioni al di sotto dei limiti attuali europei”.

Cosa dicono le raccomandazioni ufficiali? Il limite annuale europeo di 25 µg/m3 per il PM2,5, mentre l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) propone 10 µg/m3. “I nostri risultati”, dicono gli autori, “supportano l’idea che avvicinandoci a questo obiettivo si potrebbero raggiungere grandi benefici per la salute delle persone.”

A livello istituzionale è dunque necessario abbassare i limiti stabiliti dalle linee guida europee per il particolato. Più in generale, è indispensabile diminuire l’inquinamento, per la salute di tutti.

 

Per informazioni in Italia:

Dipartimento di Epidemiologia del SSR del Lazio ASL RM - E

UOC Epidemiologia eziologia e occupazionale

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AO Città della Salute e della Scienza-Università di Torino

Centro di Riferimento per l'Epidemiologia e la Prevenzione Oncologica in Piemonte

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Per saperne di più:

Video abstract
Cesaroni G, Forastriere F, Stafoggia M, Andersen ZJ, Badaloni C, Beelen R, et al.
Long term exposure to ambient air pollution and incidence of acute coronary events: prospective cohort study and meta-analysis in 11 European cohorts from the ESCAPE Project. BMJ 2013;348:f7412 doi: 10.1136/bmj.f7412
Michael Brauer.
Where there’s smoke . . . BMJ 2014;348:g40 doi: 10.1136/bmj.g40
 



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