Nel numero di ottobre la rivista Focus parla delle coorti nati in Italia e in particolare di Piccolipiù, un progetto coordinato dal Dipartimento di Epidemiologia del Servizio Sanitario della Regione Lazio.
Il filone di ricerca che studia quanto l'organismo adulto conservi memoria dell'ambiente uterino più o meno favorevole in cui è cresciuto è noto come "origine fetale delle malattie". Uno dei primi ad accorgersi di quanto conti il periodo trascorso nel pancione fu un epidemiologo inglese, David Barker. Analizzando i dati sulla morte per malattie cardiovascolari nelle contee inglesi negli anni ottanta si accorse che infarti e ictus erano più frequenti tra le persone che, alla nascita, pesavano poco. Come se una crescita stentata nell'utero in qualche modo influenzasse la "robustezza" dell'organismo negli anni a venire. L'ipotesi, cui inizialmente quasi nessuno credeva, ha trovato via via numerose altre conferme nei dati epidemiologici e clinici, e in osservazioni sperimentali. Gli studi sulle coorti di nati hanno come obiettivo indagare attraverso quali meccanismi e per quali strade una "sofferenza" pre-natale (dovuta alla malnutrizione o ad altre cause durante la gravidanza) o altri fattori ambientali o individuali durante i primi mesi/anni di vita possano influenzare il rischio di malattie future, dall'obesità al diabete, dalle malattie cardiache a quelle respiratorie, forse perfino quelle mentali. Mentre in Europa esistono da alcuni decenni studi di questo tipo e sono una settantina le coorti create a partire dall'inizio degli anni novanta, l'Italia ha iniziato a reclutare mamme e bambini in anni più recenti: in totale, ad oggi sono circa 12mila i piccoli arruolati negli studi, tra i 7mila di Ninfea (che recluta le partecipanti via Internet), i circa 3mila di Piccolipiù (attivo in 5 città italiane: Firenze, Roma, Torino, Trieste, Viareggio) e alcune altre coorti meno numerose tra cui GASPII coordinato anch'esso dal DEP.
Focus, ottobre 2015, pag. 60-61 |